|
1^ parte: IL LAVORO
GESTO Il Pane
Viene portato del pane al centro dell’altare mentre si pronuncia la preghiera di benedizione a cori alterni:
A Benedetto sii Tu, Signore, nostro Dio, Re del mondo, che nutri il mondo intero nella tua bontà, in benevolenza, pietà e misericordia.
B Egli dà il cibo ad ogni vivente, perché eterna è la sua misericordia” (Sal 136,25) Per la sua grande bontà non ci mancò mai il cibo.
A Che non ci manchi mai per amore del suo grande Nome. Poiché Egli nutre tutti, usa bontà verso tutti e prepara il cibo per tutte le creature che ha creato.
B Sia benedetto il tuo Nome sulla bocca di ogni vivente sempre, nel tempo e nell’eternità, come sta scritto (Dt 8,10):
“Quando mangi e sei sazio, benedirai il Signore, tuo Dio, per la terra buona che Egli ti ha dato”.
Tutti Sii benedetto Signore, per la terra e per il cibo.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Dalla Lettera Enciclica “Laborem exercens”di Giovanni Paolo II
L’uomo, mediante il lavoro, deve procurarsi il pane quotidiano (cf. Sal 128,2; Gen 3,17ss;Pro 10,22; Es 1,8-14; Ger 22,13) e contribuire al continuo progresso delle scienze e della tecnica, e soprattutto all’incessante elevazione culturale e morale della società, in cui vive in comunità con i propri fratelli. E con la parola “lavoro” viene indicata ogni opera compiuta dall’uomo, indipendentemente dalle sue caratteristiche e dalle circostanze, cioè ogni attività umana che si può e si deve riconoscere come lavoro in mezzo a tutta la ricchezza delle azioni, delle quali l’uomo è capace ed alle quali è predisposto dalla stessa sua natura, in forza della sua umanità. Fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso (cf. Gen 1,26) nell’universo visibile, e in esso costituito perché dominasse la terra (cf. Gen 1,28), l’uomo è perciò sin dall’inizio chiamato al lavoro. Il lavoro è una delle caratteristiche che distinguono l’uomo dal resto delle creature, la cui attività, connessa col mantenimento della vita, non si può chiamare lavoro: solo l’uomo ne è capace e solo l’uomo lo compie, riempiendo al tempo stesso con il lavoro la sua esistenza sulla terra. Così il lavoro porta su di sé un particolare segno dell’uomo e dell’umanità, il segno di una persona operante in una comunità di persone; e questo segno determina la sua qualifica interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura.
Riflessione personale…..
- Svolgo il mio lavoro in modo consapevole e preciso o sono affrettato e superficiale?
- Mi rendo conto delle mie responsabilità e delle conseguenze che hanno sugli altri?
- Come mi comporto con i miei colleghi?
Cantiamo insieme:
Ecco quel che abbiamo,
nulla ci appartiene ormai,
ecco i frutti della terra
che Tu moltiplicherai.
Ecco queste mani,
puoi usarle se lo vuoi
per dividere nel mondo
il pane che Tu hai dato a noi.
Solo una goccia hai messo fra le mani mie, solo una goccia che Tu ora chiedi a me.
Una goccia che in mano a Te una pioggia diventerà e la terra feconderà.
Le nostre gocce, pioggia fra le mani Tue saranno linfa di una nuova civiltà.
E la terra preparerà, la festa del pane che ogni uomo condividerà.
Sulle strade il ventoda lontano porterà il profumo del frumento, che tutti avvolgerà.
E sarà l’amore che il raccolto spartirà e il miracolo del pane in terra si ripeterà.
Piccola storia per l’anima: “L’occhio del falegname” (B.Ferrero)
C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l’assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.
La seduta fu lunga ed animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola: “Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra”.
Un altro intervenne: “ Non possiamo tenere fra noi nostra sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca”.
“Fratel Martello – protestò un altro – ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E’ urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!”.
“E i Chiodi? Si può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano! E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d’essere sembra quella di graffiare il prossimo!”.
Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla. Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere. Per accogliere la vita.
Dio ci guarda con l’occhio del falegname.
2^ parte: LA FESTA
GESTO La lanterna
Vengono portate al centro dell’altare alcune lanterne colorate
La Parola di Dio
Ascoltiamo la Parola di Dio dal libro del Deuteronomio (5, 12-15)
Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato.
Salmo responsoriale (dal Salmo 126)
T Il Signore costruisce la casa, il tempio di pietre vive.
A Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se non custodisce la città il Signore,
invano veglia il custode.
B Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
A Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe
Sono i figli della giovinezza.
B Beato l’uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso
quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.
T Unisci nella tua casa, o Padre,
la moltitudine dei tuoi figli;
fa’ che crescano nello Spirito Santo
a lode della tua gloria.
L’insegnamento della Chiesa
Dalla Lettera Enciclica “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II
Nel Libro della Genesi, l’opera stessa della creazione è presentata nella forma di un “lavoro” compiuto da Dio durante i “sei giorni” (cf. Gen 2,2; Es 20,8.11; Dt 5,12ss), per “riposare” il settimo giorno (cf.Gen 2,3). D’altronde, ancora l’ultimo libro della Sacra Scrittura risuona con lo stesso accento di rispetto per l’opera che Dio ha compiuto mediante il suo “lavoro” creativo, quando proclama: “Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente” (Ap 15,3), analogamente al Libro della Genesi, il quale chiude la descrizione di ogni giorno della creazione con l’affermazione: “E Dio vide che era una cosa buona” (Gen 1,4.10.12.18.21.25.31). Questa descrizione della creazione, che troviamo già nel primo capitolo del Libro della Genesi è, al tempo stesso, in un certo senso il primo “Vangelo del lavoro”. Essa dimostra, infatti, in che cosa consista la sua dignità: insegna che l’uomo lavorando deve imitare Dio, suo Creatore, perché porta in sé – egli solo – il singolare elemento della somiglianza con lui. L’uomo deve imitare Dio sia lavorando come pure riposando, dato che Dio stesso ha voluto presentargli la propria opera creatrice sotto la forma del lavoro e del riposo. Quest’opera di Dio nel mondo continua sempre, così come attestano le parole di Cristo: “Il Padre mio opera sempre...” (Gv 5,17): opera con la forza creatrice, sostenendo nell’ esistenza il mondo che ha chiamato
all’essere dal nulla, e opera con la forza salvifica nei cuori degli uomini, che sin dall’inizio ha destinato al “riposo” (Eb 4,1.9ss) in unione con se stesso, nella “casa del Padre” (Gv 14,2). Perciò, anche il lavoro umano non solo esige il riposo ogni “settimo giorno” (Dt 5,12ss; Es 20,8-12), ma per di più non può consistere nel solo esercizio delle forze umane nell’azione esteriore; esso deve lasciare uno spazio interiore, nel quale l’uomo, diventando sempre più ciò che per volontà di Dio deve essere, si prepara a quel “riposo” che il Signore riserva ai suoi servi ed amici (cf. Mt 25,21).
Riflessione personale…..
- Mi ricordo che la domenica è il giorno di Dio partecipando alla
Messa?
- Mi rendo disponibile per collaborare in Parrocchia, in
Associazione…per fare qualche servizio?
- Nel fine settimana sono pigro, mi chiudo in casa, o faccio qualcosa
per gli altri?
Cantiamo insieme:
Nel vostro cammino annunciate il Vangelo
dicendo: “ E’ vicino il regno dei cieli”.
Guarite i malati, mondate i lebbrosi,
rendete la vita a chi l’ha perduta.
Rit.: Andate per le strade in tutto il mondo,
chiamate i miei amici per far festa,
c’è un posto per ciascun alla mia mensa.
Vi è stato donato con amore gratuito,
ugualmente donate con gioia e per amore.
Con voi non prendete né oro né argento,
perché l’operaio ha diritto al suo cibo.
Rit.: Andate per le strade..........
Entrando in una casa donatele la pace:
se c’è chi vi rifiuta e non accoglie il dono,
la pace torni a voi e uscite dalla casa
scuotendo la polvere dai vostri calzari.
Rit.: Andate per le strade……….
Piccola storia per l’anima: “L’ottavo giorno” (B. Ferrero)
Il giorno dopo, il Signore tornò a guardare la sua Creazione.
C’era qualche ritocco da fare.
C’erano dei bei sassi sui greti dei fiumi, grigi, verdi e picchiettati. Ma sotto terra i sassi erano schiacciati e mortificati. Dio sfiorò quei sassi profondi ed ecco si formarono diamanti e smeraldi e milioni di gemme scintillanti laggiù nelle profondità.
Il Signore vide i fiori, uno più bello dell’altro. Mancava qualcosa, pensò, e posò su di essi un soffio leggero: ed ecco, i fiori si vestirono di profumo.
Un uccellino grigio e triste gli volò sulla mano. Dio gli fischiettò qualcosa. E l’usignolo incominciò a gorgheggiare.
E disse qualcosa al cielo e il cielo arrossì di piacere.
Nacque così il tramonto.
Ma che cosa mai avrà bisbigliato il Signore all’orecchio dell’uomo perché egli sia un uomo? Gli bisbigliò, in quel giorno lontano, in quell’alba remota, tre piccole parole; “Ti voglio bene”.
Dalla Nota pastorale “Il Giorno del Signore” dei Vescovi Italiani
Il carattere festivo della domenica è certo quello più immediatamente percepito e più universalmente condiviso dalla cultura contemporanea. Ma la domenica dell'uomo secolarizzato non è la stessa del cristiano. L'uomo secolarizzato vive la sua domenica soprattutto come giorno di riposo dal lavoro e la sua festa spesso si
riduce al semplice sentirsi liberato dal peso e dai fastidi della fatica quotidiana; un giorno di vacanza che è quasi solo evasione.
La cultura contemporanea secolarizzata, infatti, ha svuotato la domenica del suo significato religioso originario e tende a sostituirlo sia con la fuga nel privato sia con nuovi riti di massa: lo sport, la sagra, la discoteca, il turismo... Linguisticamente si è passati dal «giorno del Signore» al «week-end», dal «primo giorno della settimana» al «fine settimana».
Per la nostra cultura la domenica è anche il settimo giorno. Ma nel suo preciso significato cristiano la domenica è innanzitutto il primo della settimana, l'una sabbatorum; il giorno in cui Dio riprende la sua opera creatrice. È anche il giorno del riposo, pregustazione e pegno
del riposo vero, ultimo, eterno; il giorno che non avrà mai fine, oltre il quale non ci sarà altro giorno: l'ottavo, l'ultimo, il definitivo.
Il giorno in cui il lavoro cede definitivamente il posto alla contemplazione, il pianto alla gioia, la lotta alla pace. Non alibi alla pigrizia, ma progetto e speranza per dare senso e coraggio all'impegno di anticipare già all'oggi ciò che viene contemplato e sperato come futuro.
Certo, il cristiano non è un ingenuo. Non si illude di poter rendere la terra un paradiso. Il cristiano non sogna, agisce. E mentre contempla un ideale che sa irrealizzabile nel presente, si adopera nondimeno perché la realtà somigli sempre più a quell'ideale. Ma lascia a un altro
giorno la sorte d'introdurlo in quel mondo, in quella vita per tanto tempo contemplata, preparata, attesa. (nn.18. 20)
C Preghiamo il Signore. Tu sei unico e il tuo nome è unico! Uno splendore di grandezza, una corona di salvezza, un giorno di riposo e santità hai dato al tuo popolo. Abramo esulta, Isacco gioisce, Giacobbe e i suoi figli riposano in esso. E’ il riposo dell’amore e della
dedizione, riposo vero e fedele, riposo di pace e di distensione, di calma e di sicurezza, la pace perfetta, nella quale è il tuo compiacimento. Possano riconoscerlo e saperlo i tuoi figli: che il loro riposo viene da te; e attraverso il loro riposo dovranno santificare il tuo Nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.
T Amen.
Preghiera: (Mons. Antonio Bello)
Santa Maria, donna del riposo, donaci il gusto della domenica. Facci riscoprire la gioia antica di fermarci sul sagrato della chiesa e conversare con gli amici senza guardare l’orologio.
Frena le nostre sfibranti tabelle di marcia.
Tienici lontani dall’agitazione di chi è in lotta perenne col tempo.
Liberaci dall’affanno delle cose.
Persuadici che fermarsi sotto la tenda, per ripensare la rotta, vale molto di più che coprire logoranti percorsi senza traguardo.
Ma, soprattutto, facci capire che il segreto del riposo fisico sta nelle pause settimanali o nelle feria annuali che ci concediamo, il segreto della pace interiore sta nel saper perdere tempo con Dio.
Lui ne perde tanto con noi. E anche tu ne perdi tanto.
Perciò, anche se facciamo tardi, attendici sempre la sera, sull’uscio di casa, al termine del nostro andare dissennato.
3^ parte: ABILITA’ MANUALI
GESTO I gessetti colorati
Vengono portati al centro dell’altare alcuni gessetti colorati
Piccola storia per l’anima: “ I gessetti colorati” (Bruno Ferrero)
Nessuno sapeva quando quell’uomo fosse arrivato in città. Sembrava sempre stato là, sul marciapiede della via più affollata, quella dei negozi, dei ristoranti, dei cinema eleganti, del passeggio serale, degli incontri degli innamorati.
Ginocchioni per terra, con dei gessetti colorati, dipingeva angeli e paesaggi meravigliosi, pieni di sole, bambini felici, fiori che sbocciavano e sogni di libertà.
Da tanto tempo, la gente della città si era abituata a quell’uomo. Qualcuno gettava una moneta sul disegno. Qualche volta si fermavano e gli parlavano.
Gli parlavano delle loro preoccupazioni, delle loro speranze; gli parlavano dei loro bambini: del più piccolo che voleva ancora dormire nel lettone e del più grande che non sapeva che Facoltà scegliere, perché il futuro è difficile da decifrare…..
L’uomo ascoltava, Ascoltava molto e parlava poco.
Un giorno, l’uomo cominciò a raccogliere le sue cose per andarsene.
Si riunirono tutti intorno a lui e lo guardavano. Lo guardavano ed aspettavano.
“Lasciaci qualcosa. Per ricordare…”.
L’uomo mostrava le sue mani vuote: che cosa poteva donare?
Ma la gente lo circondava ed aspettava.
Allora l’uomo estrasse dallo zainetto i suoi gessetti di tutti i colori, quelli che gli erano serviti per dipingere angeli, fiori e sogni, e li distribuì alla gente.
Un pezzo di gessetto colorato ciascuno, poi senza dire una parola se ne andò.
Che cosa fece la gente dei gessetti colorati?
Qualcuno lo inquadrò, qualcuno lo portò al museo civico di arte moderna, qualcuno lo mise in un cassetto, la maggioranza se ne dimenticò.
E’ venuto un Uomo ed ha lasciato anche a te la possibilità di colorare il mondo. Tu che hai fatto dei tuoi gessetti?
Cantico
Benedici Iddio,
alba che svegli i colori,
sole che scaldi la terra,
sera che riporti la pace.
Beneditelo, ore che scandite
il ritmo dei doni.
Benedite il Signore,
voi povere mani mai ferme
e piccole cose utili e mute.
Benedici il Signore,
vento, pioggia, nebbia molesta.
Benedicilo, mensa, col pane e vino,
che ricordi l’altare.
Benedici il Signore,
acqua che togli la sete e cancelli
le macchie e ridoni candore.
Beneditelo, bimbi, dall’aurora
al tramonto coi giochi e coi pianti.
Benedite il Signore,
ospiti che venite inattesi
e amici che ritornate.
Benedite il Padre, il Figlio
e lo Spirito Santo che adoro,
se io dono alle cose una voce
e un cuore per dire: Gloria!
(S. Francesco)